Trama: Una famiglia che pullula di svitati, un codazzo di parenti e amici e servitori, una villa monumentale in mezzo a un parco. Sono gli ingredienti di questo travolgente romanzo di Shirley Jackson, che si apre con i protagonisti – di tutte le età e affetti da ogni forma di mania – di ritorno dal funerale del figlio di Mrs. Halloran, che, dice serafica la piccola Fancy, la nonna ha buttato giù dalle scale: per tenersi stretta la villa. Come se non bastasse, poco dopo zia Fanny riferisce di aver avuto un incontro in giardino con il padre, defunto da tempo, il quale le ha annunciato che la fine del mondo è imminente e che loro saranno gli unici a salvarsi. E non è finita: qualcuno va a riferire la notizia in città, ed ecco presentarsi la delegazione locale dei Veri Credenti, i quali non possono che condividere la logica apocalittica, ma, siccome sono convinti che a salvarli ci penseranno gli alieni, sono venuti a chiedere di farli atterrare nel parco. E noi lettori, ormai completamente in balìa di una Jackson in stato di grazia, che dispensa a piene mani uno humour che si potrebbe definire vitreo, ci lasceremo trascinare da un crescendo di follie e sorprese – sino, letteralmente, alla fine (del mondo?).
Recensione: Sono convinta
che questo libro ha una chiave di lettura molto difficile da capire. Non parlo
del romanzo in sé, ma di tutto quello che
si cela dietro, di quello che non vediamo e non possiamo vedere perché Shirley
Jackson ha nascosto tra le righe tutte le sue paure e le continue cattiverie
che ha subito nella vita.
Parlando del libro devo
ammettere che non mi è piaciuto. Se con “Abbiamo sempre vissuto nel castello” e
“L’incubo di Hill House” la Jackson ha fatto breccia nel mio cuore letterario,
con questo libro ho fatto fatica a capire il focus della situazione.
C’è questa villa
bellissima, di un lusso quasi esagerato, che ha costruito il capostipite della
famiglia Halloran. Il suo intento era quello di tenere fuori dalla sua
proprietà il resto del paese e di creare un suo mondo autonomo dentro le mura
della magione.
Il tutto ci viene
descritto in modo impeccabile, dove trasudano la ricchezza e le cose inutili ma
sfiziose della vita. Il proprietario non ha mai amato i libri eppure ha una
biblioteca con più di diecimila volumi rivestiti in pelle. Perché? Perché lui
può.
Se da una parte ci
troviamo ad osservare questa fantastica casa, dall’altra scopriamo dei
personaggi eccentrici fino al limite.
Zia Fanny incontra il
padre defunto nei giardini e riceve un messaggio che dice che la fine del mondo
è vicina. Quando lo racconta agli altri nessuno la smentisce, nessuno pensa che
abbia preso una botta in testa ma iniziano a “seguire” l’idea della fine del
mondo.
Da qui in poi iniziano ad
accadere fatti che mi hanno fatto cadere le braccia. Mi sembrava di vedere un
film Bengalese con i sottotitoli in sanscrito. Non capivo il perché stessero
accadendo determinate cose (cerco di non fare spoiler per chi volesse
leggerlo!), non capivo il senso dei dialoghi e alla fine, quando ho chiuso il
libro, ho fatto un sospiro di sollievo.
Per Shirley Jackson la
casa rappresenta un punto cruciale dei suoi libri, forse perché fin da bambina
aveva un rapporto conflittuale con la madre che la definiva “aborto mancato” o
forse perché una volta sposata scoprì che l’uomo che amava era maschilista, retrogrado e traditore.
Un casa,
molti di noi la vivono come un luogo sicuro, per lei non lo è mai stato e forse
questo libro esprime una parte dei sentimenti che provava tra le quattro mura
della sua abitazione.
Per la
prima volta non voglio dare un voto, penso che per questo libro non serve.